Curiosità sul martitrio di Sant'Agata

La fascinazione del martirio

MARTIRE: (dal greco "testimone").
Festa di Sant'Agata

Nel Medio-Evo uno dei generi letterari più diffusi era l’agiografia, cioè i racconti basati sulla vita dei Santi.

Lo stile era semplice e narrativo per poter essere comprensibile e di facile accesso anche ai livelli più bassi della popolazione.

L’intento era spiccatamente didascalico, racconti dal quale trarre spunto per i Cristiani, il memento costante, che esiste uno stile di vita diverso e forse non così irraggiungibile, dato che qualcuno era riuscito ad attuarlo.

Ma ad esercitare una notevole malia sulla fantasia degli uomini non era solo il fatto che degli esseri umani forti, santi, pii e buoni, esistessero, ma il “fascino” delle loro storie risiedeva nel martirio subito.

All’idea di utilizzare le parole “fascino” e “martirio” nella stessa frase, qualcuno potrebbe storcere il naso, reputandole ovviamente un ossimoro.

Eppure la forza attrattiva di quei racconti era innegabile.

Le convinzioni di un uomo lavate nel sangue, acquisivano potenza e veridicità agli occhi della comunità cristiana che ne vedeva la duplice natura terrificante e magnetica.

Che la storia dell’uomo è purtroppo da sempre legata alla violenza, sia subita che perpetrata, è innegabile, ed i martiri ne costituiscono un cospicuo capitolo.

Oltre alla letteratura, altri ambiti della cultura hanno reperito spunti dalle storie bibliche e dei martiri cristiani, ma il primato spetta all’arte che è imbevuta di storie tratte dal martirologio romano, che ne raccoglieva l’elenco e le relative pene subite.

Le parole tradotte in immagini, accompagnate da un corredo iconografico sempre identico per poter essere sempre riconoscibile (uno degli elementi ripetuti in arte e legato strettamente all’immagine dei martiri era proprio la palma denominata poi del martirio), si caricavano di una potenza purificatrice maggiore a mio avviso, lasciando poco spazio al potere di mediazione dell’immaginazione, riversando quindi tutto il loro contenuto di violenta sofferenza addosso all’osservatore, impreparato, che viene avviluppato e travolto dalle emozioni più disparate, sfociando al culmine nella catarsi dell’anima, che compartecipando indirettamente in maniera empatica alle sofferenze subite dal martire ne acquisisce solo il buono.

Per chiarire il concetto potremmo rifarci, alla cultura greca dove questo concetto era già presente e molto forte, infatti è Aristotele a parlane in merito alla tragedia (mimesi della realtà), quando descrivendone i tratti principali, comprende che la partecipazione passiva ad eventi traumatici o tragici, crea una tensione emotiva nello spettatore, e che facendogli vivere indirettamente determinate emozioni, egli potrà trarre delle conclusioni educative senza però essersi macchiato di alcun crimine o senza dover soffrire maledizioni o punizioni corporali, traendone insomma solo vantaggi diretti da una compartecipazione indiretta alla messa in scena di vicende reali.

Post di Angela Fornari


Ti è piaciuto l’articolo? Clicca su OK!

Puoi votare altri articoli anche in questa pagina.


Ti è piaciuto l'articolo? Vorresti ricevere Gratis le mie news? Iscriviti qui sotto.

Inserisci il tuo indirizzo email:

Sviluppato da FeedBurner

Cordialmente, ilcatanese.
HomePage

Nessun commento: